Carbon border tax Ue: decarbonizzazione e competitività delle imprese

Come evitare la delocalizzazione aziendale Ue in Paesi poco sostenibili? Il CBAM e l’ETS contribuiscono al raggiungimento di un’economia decarbonizzata ed equa.

   News del 14-10-2021

A livello globale le emissioni di CO2 sono aumentate di oltre il 50% tra il 1990 e il 2012. Contrastare i cambiamenti climatici è diventato l’interesse di tutti i Paesi del mondo. 
Gli SDGs (Sustainable Development Goals) dell’Agenda 2030 tengono conto delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: economica, sociale ed ambientale; l’obiettivo 13 promuove misure per combattere il cambiamento climatico e le conseguenze sul pianeta. Per fare in modo che tutti i Paesi si allineino a quest’obiettivo, il 10 marzo 2021 il parlamento europeo ha adottato una risoluzione per introdurre il CBAM, Carbon Border Adjustment Mechanism, anche noto come carbon border tax. 
Le azioni e gli strumenti adottati dall’Unione hanno l’obiettivo di favorire la decarbonizzazione e contrastare la delocalizzazione aziendale in Paesi che hanno vincoli meno rigidi sulle emissioni di gas serra. Vediamolo nel dettaglio.

CBAM Carbon Border Adjustment Mechanism: cos’è

carbon border tax Ue decarbonizzazione e competitività impreseIl CBAM Carbon Border Adjustment Mechanism è un meccanismo di adeguamento delle emissioni dei beni importati in Ue. 
É stato proposto nel Green Deal europeo, allo scopo di spingere i Paesi verso una maggiore ambizione climatica e tutelare la competitività interna dell’Unione. 
Con il CBAM si penalizzano i beni che contengono maggiori emissioni, a causa delle filiere produttive inquinanti. Le merci che provengono da Paesi poco attenti a contrastare i cambiamenti climatici e a preservare l’ambiente sono tassate alla frontiera; ciò per fare in modo che le importazioni non siano economicamente più vantaggiose rispetto alle produzioni Ue.

Gli obiettivi della carbon border tax

Con la carbon border tax l’Ue intende adeguare il prezzo dei prodotti importati in base al quantitativo di emissioni di CO2 in essi presente. Rappresenta una misura di fiscalità ambientale in grado di:

  • tutelare la competitività delle imprese europee;
  • prevenire il rischio di una delocalizzazione industriale verso Paesi con norme meno rigide (evitare la carbon leakage, cioè la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio);
  • incoraggiare i produttori dei Paesi non Ue a rendere sostenibili i processi di produzione;
  • incentivare le industrie Ue ed extra Ue a raggiungere la decarbonizzazione, in linea con gli obiettivi dell’accordo di Parigi.

Come funziona il CBAM

Il CBAM è stato realizzato in conformità con le regole dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio).
La Commissione ha presentato la proposta di legge sul CBAM il 14 luglio;
il meccanismo entrerà in vigore nel 2023, sotto forma di fase transitoria, fino al 2025. 
Dal 2026 (quando il CBAM sarà operativo) gli importatori Ue devono dichiarare la quantità di beni e di emissioni in essi incorporate;
la dichiarazione riguarderà le merci importate nell’anno precedente.
I certificati CBAM acquistati dagli importatori (corrispondenti al prezzo del carbonio che sarebbe stato pagato in caso di produzione in Ue) vanno restituiti.

I settori coinvolti sono quelli più a rischio carbon leackage: acciaio, ferro, cemento, fertilizzanti, alluminio ed elettricità. Il CBAM sarà applicato alle emissioni dirette di gas serra emesse durante il processo produttivo; dopo il periodo di transizione, la Commissione valuterà se estenderlo anche alle emissioni indirette, cioè quelle provenienti dall’energia utilizzata per la produzione dei beni.
Il CBAM sostituirà progressivamente l’ETS, il sistema per lo scambio delle quote di emissioni dell’Ue.

CBAM ed ETS: cosa hanno in comune

L’ETS è il sistema - attualmente in vigore in Ue - istituito per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori più energivori.

I partecipanti all’ETS hanno un tetto massimo di emissioni consentite; acquistano e vendono sul mercato quote di CO2, secondo le loro necessità ed entro il limite stabilito.
In Italia i soggetti coinvolti sono circa 1.200, di cui il 71% nel settore manifatturiero.
I gestori degli impianti hanno due possibilità:

La Direttiva ETS, dal 1 gennaio 2005, ha imposto che gli impianti con elevati volumi di emissioni non possono funzionare senza autorizzazione ad emettere gas serra.
Gli impianti autorizzati devono monitorare ogni anno le emissioni emesse, compensarle e restituire un numero di quote in grado di garantire la copertura delle loro emissioni; in caso contrario pagano delle sanzioni.

Il CBAM si discosta dall’ETS in quanto non è un sistema cap and trade.
Sarà applicato solo alle emissioni che non beneficiano di quote gratuite nell’ambito dell’ETS in Ue; ciò per fare in modo che gli importatori e i produttori dell’Unione siano trattati in modo equo.
Le entrate del CBAM contribuiranno al bilancio dell’Ue.

La carbon footprint per un’economia decarbonizzata

É necessario che ognuno di noi compia azioni concrete per la transizione verso un’economia decarbonizzata; ciò per contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e per partecipare concretamente al progresso economico e sociale del Paese.
Ridurre le emissioni di CO2 rende i processi di produzione più efficienti e sostenibili. Questo si riflette sull’acquisizione e sulla fidelizzazione dei clienti, sull'interesse degli investitori e sui rapporti commerciali con gli altri Paesi.

Con la carbon footprint determini gli impatti ambientali derivanti dall’organizzazione e dai prodotti che immetti sul mercato.
Il calcolo delle emissioni di CO2 ti permette di rilevare cosa impatta di più sull’ambiente e incide sul tuo bilancio; conoscere gli impatti ambientali della tua azienda ti rende consapevole degli interventi da attuare.

Distinguiti con noi, contattaci per sapere come ottenere la certificazione carbon footprint.


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