Le emissioni di CO2 generate da sprechi e rifiuti alimentari sono responsabili dei cambiamenti climatici. Scopri come ridurre l’impatto ambientale.
News del 10-06-2021
Per combattere il food waste e contribuire agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile fissati dall’Agenda 2030 (SDGs) è necessario adottare stili di vita e di consumo più sostenibili.
Un uso consapevole e responsabile delle risorse consente di ridurre le emissioni di CO2 e l’inquinamento causato dagli sprechi e dai rifiuti alimentari. Ciò è possibile attuando una strategia di comunicazione e sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza dei consumatori. Vediamo quali sono i progetti delle aziende per coinvolgere i consumatori e i produttori, e le iniziative intraprese dall’Unione europea contro lo spreco alimentare.
Con il termine food waste si intende lo spreco di tutto il cibo che potrebbe ancora essere consumato. Può essere generato in ogni fase del ciclo produttivo: dai terreni coltivati fino alla ristorazione e al consumo finale. Ogni anno nel mondo viene sprecato circa un terzo di tutta la quantità di cibo prodotta, con conseguente spreco di risorse come acqua, terreno fertile, energia e lavoro.
Cereali, frutta e verdura risultano essere i cibi maggiormente consumati, di conseguenza sprecati; seguono il pesce, la carne e i prodotti caseari. La carne incide sul cambiamento climatico, a causa delle elevate emissioni di CO2 derivanti da allevamenti e produzione; il caffè, il cacao e alcune varietà di frutta hanno un impatto sulla biodiversità.
Molto spesso il cibo non viene consumato a causa di deterioramento naturale o di eccessiva produzione. Comportamento che provoca diverse conseguenze, tra cui lo spreco di fonti fossili impiegate nelle coltivazioni e la generazione di gas derivanti dallo smaltimento dei rifiuti nelle discariche. Tutto ciò causa un innalzamento delle emissioni di CO2, una delle principali cause dei cambiamenti climatici e di squilibri della biodiversità animale.
Il riscaldamento globale comporta siccità, deforestazione ed estinzione di alcune specie animali. Così facendo si compromette l’ordine della catena alimentare: se alcuni animali non possono nutrirsi dei loro abituali alimenti, rischiano di scomparire.
L’Unione europea ha stimato che ogni anno vengono gettati quasi 90 milioni di tonnellate di cibo, circa il 20% di tutto il cibo prodotto. La Francia è stata la prima nazione che ha imposto ai supermercati il divieto di gettare il cibo in scadenza, incentivando le donazioni ad enti benefici e associazioni umanitarie.
Lo spreco alimentare comporta pesanti conseguenze sotto il profilo sociale, ambientale ed economico; produce il 10% delle emissioni di gas serra.
“Dimezzare lo spreco alimentare pro capite globale al dettaglio e al consumo entro il 2030” è uno dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 (Target 12.3).
Limitare lo spreco alimentare vuol dire contribuire alla lotta contro la fame e i cambiamenti climatici. La Direttiva sui rifiuti dell’Ue invita Stati membri e cittadini a seguire dei principi guida:
Quando non è possibile adottare misure concrete per evitare perdite o sprechi alimentari, le misure intraprese volgono all’utilizzo degli alimenti per scopi diversi, come mangimi per animali o compost.
Tra le azioni chiave del Green Deal europeo, la Commissione europea nel 2020 ha presentato la sua strategia “Dal produttore al consumatore”. Gli obiettivi sono:
Nello specifico, per la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare e per la sicurezza degli alimenti, gli obiettivi dell’Ue sono:
Un sistema alimentare più sostenibile rispetta l’ambiente e crea nuove opportunità commerciali, incidendo anche sull’economia degli operatori agroalimentari.
Il Reg. Ue n.1169/2011 richiede che la maggior parte degli alimenti confezionati riportino una data e una dicitura accompagnatoria, per chiarire se questa si riferisce al tempo oltre cui il prodotto non è più sicuro per essere consumato (scadenza) o alla qualità (da consumarsi preferibilmente entro). Entrambe le informazioni sono utili al consumatore, ma anche agli operatori della filiera alimentare, per la gestione delle scorte nella distribuzione.
In Italia la differenza tra le due diciture spesso crea confusione. Il termine minimo di conservazione (TCM) indica che superata l’indicazione posta dal produttore sull’alimento questo inizia a perdere gradualmente le sue proprietà come fragranza, aroma e gusto; non costituisce, quindi, un rischio per la salute del consumatore.
Il rapporto della FAO - The State of Food and Agricolture 2019 Moving forward on food loss and waste - evidenzia come nella catena di produzione alimentare, dal raccolto alla vendita, si perde circa il 14% del cibo prodotto. Le fasi più critiche sono la vendita e il consumo.
Lo spreco alimentare domestico risulta essere di maggiore impatto per l’ambiente, rispetto a quello industriale. Influiscono, infatti, le cattive abitudini familiari, l’accumulo di cibo con scadenza a breve termine, l’acquisto di alimenti che non sono consumati in quanto non realmente necessari ma acquistati, ad esempio, a fronte di offerte commerciali.
Tutti gli alimenti lasciano un’impronta sull’ambiente, che può essere calcolata in base a diversi indicatori, tra cui:
Calcolare la carbon footprint di prodotto è utile per comprendere e ridurre l’impatto ambientale causato durante le fasi di produzione, ridurre i costi ed essere più sostenibile agli occhi di clienti e consumatori.
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